Erminia Fuà Fusinato: la (dimenticata) patriota italiana e poetessa “di vocazione”
«Fida alla patria, alla famiglia, al nume,
Cui serve assidua esercitando il bene,
Più che le sue rammenta per costume
E canta l'altrui pene
Spesso, intenta ai doveri, i diritti oblia,
Più che la gloria, la virtù l'è cara;
Paga se le diran sopra la bara:
Ella fu buona e pia.»
(Epitaffio, Erminia Fuà Fusinato, 1876)
Dopo aver parlato del primo grande nome della nostra scuola - ovvero della figura di Concetto Marchesi -, vorremmo mettere in luce anche la seconda figura che dona il nome al nostro liceo, ovvero Erminia Fuà Fusinato.
La vita
Erminia Fusinato nasce a Rovigo nel 1834 in una famiglia ebraica e benestante, e manifesta subito un incontenibile interesse per la poesia, alla quale fu introdotta dalla zio Benedetto.
Proprio questa nobile passione favorisce, nel 1852, l’incontro e l’innamoramento tra lei e Arnaldo Fusinato, poeta discretamente affermato nel Regno Lombardo-Veneto.
Come nelle migliori storie d’amore tra artisti, il padre di lei si oppone al matrimonio - e anche per motivi ragionevoli, ovvero la differenza di età e di religione -, ma Erminia, che doveva avere un bel carattere deciso, ignora le proteste paterne e, nel 1852, si trasferisce a Venezia, dove si converte al cattolicesimo e si sposa.
Nel periodo seguente continua a comporre e a studiare i grandi autori italiani, come Dante e Petrarca, e riesce addirittura a stringere amicizie particolari e importanti, come quella con Ippolito Nievo, tanto che arriva a promuovere la sua opera Confessioni di un italiano in un’epoca in cui bastava poco a suscitare l’ira della censura asburgica.
Erminia non rimane però nel semplice ruolo di spettatrice della Storia, ma partecipa attivamente alle cospirazioni risorgimentali fino a guadagnarsi i soprannomi di “Quarantotto” e “Giardiniera”, come una vera combattente.
Naturalmente queste attività dei due coniugi Fusinato portano all’esilio forzato di Arnaldo a Firenze, nel 1864, e al conseguente trasferimento dell’intera famiglia in questa città. In compenso, qui Erminia può finalmente ricevere l’attenzione e l’apprezzamento che merita per la sua produzione poetica all’interno dei salotti ottocenteschi, dove continua a stringere amicizie con vari personaggi fondamentali del Risorgimento Italiano.
Nel 1871 si trasferisce poi da sola a Roma, e dedica le sue energie all’educazione delle donne. Collabora quindi con riviste femminili, partecipa al Congresso pedagogico di Venezia come unica donna vicepresidente di una sezione, fonda e presiede la “Società per l'istruzione superiore della donna”.
È inoltre la prima a concepire l’idea di un’educazione specifica per le donne italiane, e così fonda la Scuola Superiore Femminile, della quale diventa dirigente su incarico del Consiglio Comunale di Roma.
Sempre in questo periodo le vengono affidati diversi ruoli pubblici e ufficiali, e diviene così “Ispettrice delle Scuole femminili” e “Direttrice della Scuola Superiore femminile della Palombella di Roma”. Successivamente è nominata ispettrice anche per le scuole e i collegi di Napoli.
Proprio a Roma muore infine di tubercolosi il 30 settembre del 1876.
Erminia e la nostra scuola
A Padova era stato intitolato a Erminia Fusinato l'istituto magistrale fondato nel 1874, che poi in seguito ha cambiato nome nel 1943, diventando quello che noi conosciamo come “Duca D’Aosta”. Cerchiamo ora di comprendere insieme quali possano essere le ragioni di un tale riconoscimento.
Con la sua vita e il suo impegno, Erminia ha rifiutato i modelli femminili del suo periodo storico. Infatti, prima di tutto, il suo matrimonio è stato quasi un’anomalia storica: la sua presa di posizione e la sua consapevolezza di avere il diritto di scegliere chi sposare hanno anticipato di oltre un secolo le prime forme di emancipazione femminile.
In secondo luogo, si devono ricordare i suoi interessi: in un periodo in cui era permesso coltivare attitudini soltanto in ambito domestico, era inconcepibile che le donne potessero avere opinioni pertinenti su questioni politiche; eppure Erminia partecipò attivamente alla causa antiasburgica supportando il marito e condividendone le posizioni.
E, come ultimo punto, ma non certo per importanza, è degna di memoria la sua rivendicazione del diritto d’istruzione per le donne.
Erminia, probabilmente per via della sua esperienza, comprese infatti che l’educazione è un’esperienza di fondamentale nella vita di una donna, nonché un’opportunità che può migliorarla; lei ha sostenuto con forza la necessità di offrire una formazione culturale alle donne borghesi che non si limiti a insegnare a cucire e ricamare: lei desiderava formare il senso critico nelle sue allieve, sviluppare il loro orizzonte culturale anche introducendo l’insegnamento di materie scientifiche e umanistiche.
Negli scritti pedagogici di Erminia troviamo infatti le idee di una donna anticonformista, lontana dal modello femminile diffuso all'epoca, anche se lei non sembra essere consapevole dell'aspetto innovativo del suo comportamento.
Il cuore della sua esistenza è anche la sua poesia, che unisce il suo patriottismo e interesse politico con temi più intimi e raccolti, come la famiglia o la condizione della donna, che lei idealmente immagina come partecipe alla vita pubblica e dedita alla famiglia stessa.
Erminia ha rivelato poi una grande sensibilità nel dedicarsi a soggetti mai trattati da altri poeti, dando luce ad alcune grandi dimenticate della storia, come Gemma Donati, moglie di Dante e figura pressoché ignorata da tutti.
Nei suoi versi, poi, ha rivelato in tutta la sua intensità l’affetto e la passione che sentiva verso la sua patria; ha dichiarato più volte di volerla libera, gloriosa, concorde, felice. Nessun sacrificio le sembrava troppo doloroso, se bastava a salvarla; peggiore di ogni cosa erano per lei il dominio straniero e le discordie interne tra i suoi concittadini.
La sua produzione dimostra quindi come Erminia abbia amato la patria nel lutto, nella gioia, con cuore d'amante e di figlia.
S. A.
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