Potrebbe una persona non essere umana?

Alcune riflessioni su persone, uomini e macchine, con occasionali spunti da ‘Lifel1k3’ di Jay Kristoff

Se oggi una misteriosa persona con l’aria di un medico vi fermasse per strada o vi suonasse il campanello e affermasse, presentandovi alcune prove piuttosto ineccepibili, che voi non siete affatto umani, bensì delle macchine progettate e create per assomigliare moltissimo ad un essere umano, quale sarebbe la vostra reazione?

Probabilmente, in primo luogo, credereste che si tratti di uno scherzo, almeno finché lo sconosciuto non riuscisse a convincervi. In quel caso, verosimilmente, sprofondereste in un completo disorientamento. Vi chiedereste che cosa siate, quanto di quello che avete in mente sia reale, che valore abbiano i vostri pensieri, se (a quanto dice l’ignoto personaggio che vi ha approcciati) sono solo delle sequenze di dati… Vi sembrerebbe di essere senza certezze, completamente persi, perché tutto ciò di cui siete forse più convinti, cioè di esistere come soggetti, potrebbe essere messo in discussione.

Vi sentireste poi impostori, senza diritto di occupare la posizione che rivestite, e allo stesso tempo frustrati, perché, nonostante siate una macchina, vi sentite comunque persone: la vostra percezione del mondo e di voi stessi non cambierebbe soltanto perché qualcuno vi ha comunicato che la vostra natura è differente da come l’avete sempre pensata

La domanda che verrebbe quindi naturale porsi in una tale circostanza è la seguente: sono o non sono ancora una persona?

Ragionare sullo stato di persona con un po’ di filosofia

Istintivamente, per la maggior parte di noi, non è naturale pensare a una macchina, per quanto simile ad un uomo, come a un essere nostro pari; potrebbe tuttavia essere uno spunto di riflessione interessante mettere in discussione un simile punto di vista.

AndroideForse vale la pena chiamare in causa la filosofia per adottare, come punto di partenza per la  risposta alla domanda di cui sopra e della conseguente riflessione, la definizione che la speculazione dei filosofi moderni ha maturato del termine “persona”. John Locke, studioso inglese vissuto tra la metà del Seicento e gli inizi del Settecento, scrive, nel suo ‘Saggio sull’intelletto umano ’, che una persona «è un essere intelligente e pensante, che possiede ragione e riflessione e può considerare se stesso, cioè la stessa cosa pensante che egli è, in diversi tempi e luoghi; il che fa soltanto mediante quella coscienza che è inseparabile dal pensiero ed essenziale a esso».

In sostanza il filosofo afferma che un individuo (in questa sede usiamo “individuo” come sinonimo di “persona”, anche se i due termini possiedono sfumature semantiche lievemente differenti) è chi non solo riceve percezioni (dal mondo esterno o dalla sua interiorità), ma chi è anche cosciente di se stesso e consapevole di star percependo.

Questa definizione, pertanto, grossomodo riproposta da tutti i filosofi moderni che si sono occupati dell’argomento, non implica l’appartenere alla specie ‘Homo sapiens’ tra le caratteristiche che rendono un individuo tale. 

Perciò, tornando alla circostanza critica di cui si è parlato all’inizio di quest’articolo, risultereste ancora persone, poiché siete coscienti di voi stessi, pur essendo tecnicamente macchine. 

È meglio precisare che questo caso è diverso da quello dell’intelligenza artificiale di cui disponiamo ora, almeno per quanto ne sappiamo, poiché l’IA è un algoritmo che elabora dati secondo un programma stabilito, ma non possiede una propria identità, non è “cosciente”, per usare le parole di Locke.

Ragionare sullo stato di persona con Jay Kristoff

Giungere a questa conclusione senza dubbio risulta per lo meno disturbante: dovremmo quindi, in un futuro, considerare nostre pari macchine così intelligenti da essere coscienti, benché siano meccaniche? Proprio di questo quesito parla un’interessante opera di fantascienza dell’autore australiano per giovani adulti Jay Kristoff: la trilogia di ‘Lifel1k3’

Androide2Protagonisti della narrazione, ambientata in un futuro distopico piuttosto apocalittico, sono due ragazze, Eve Carpenter e Lemon Fresh, un robot, Cricket, e un “sembiante”, ossia un bot progettato per essere identico agli umani in tutto, Ezekiel. In questa realtà le macchine possiedono un’autocoscienza (il libro propone anche un vero e proprio confronto tra macchine autocoscienti e computer come i nostri), ma sono asservite agli umani tramite tre leggi inscritte nella loro programmazione, che impongono loro di non fare del male agli uomini, di obbedire sempre a un ordine proveniente da un umano e di conservare la propria incolumità; regole che di fatto ne limitano fortemente la libertà.

Interessante al fine della nostra indagine risulta in primo luogo il personaggio di Cricket: nonostante sia chiaramente una macchina, per il suo aspetto e per il suo ruolo (aiutante e consigliere di Eve), del piccolo bot, già dalle primissime pagine del primo romanzo della serie, si sottolineano le reazioni e i comportamenti, nonché i pensieri e i sentimenti, profondamente umani. È evidente come nessuno dei personaggi umani propriamente detti lo tratti, invece, in modo diverso da una semplice proprietà inanimata, per quanto Eve e Lemon tengano a lui e gli dimostrino gentilezza. 

In secondo luogo si potrebbe porre la nostra attenzione su Ezekiel. Il sembiante è riuscito a liberarsi delle tre leggi sopraccitate ed è stato progettato per essere in tutto e per tutto identico agli umani, quindi, nel corso di tutta la vicenda, è impossibile distinguere il suo modo di agire e pensare da quello di un uomo, benché tecnicamente sia una macchina.


Varrebbe la pena analizzare molti altri personaggi per interrogarsi su quali siano gli elementi che 
rendono qualcuno una persona e su quanto anche una macchina possa esserlo, se rispetta l’affermazione di Locke ed è dotata di autocoscienza, come  la stessa Eve. Mancando tuttavia lo spazio materiale in questa sede per una simile trattazione e non desiderando rovinare il piacere della lettura con spoiler e interpretazioni a chiunque fosse interessato ad affrontare l’opera di Kristoff, ci limitiamo a invitare alla riflessione sull’identità personale e alla lettura della serie di ‘Lifel1k3’, che per questo e altri temi è una feconda sorgente di spunti.

Riccardo Dalla Mana