Finché c’è mafia non c’è democrazia
Breve presentazione dell’intervento del professor Parbonetti all’assemblea degli studenti dello scorso 29 marzo
Nel mondo dell’economia e nella società la mafia è, complessivamente, un’organizzazione efficientissima: muove centinaia di miliardi grazie ai suoi traffici, controlla un’azienda italiana su dodici, ha una struttura logistica di dimensioni globali e di organizzazione evoluta e ha una catena di comando semplice, che permette di portare a termine con efficacia ogni compito senza le interferenze di discussioni o assemblee.
Ci sono due cose che la mafia vuole ottenere, ci dice il professor Parbonetti (docente di Economia, che all’argomento ha dedicato buona parte delle sue ricerche): i soldi e “la potenza”. Possiamo presentare come e con quale efficienza, nonché con quale danno alla società, le organizzazioni malavitose si procurino “a pila” (ovvero il denaro), prima di passare a trattare l’aspetto forse meno evidente: la volontà di potere.
Innanzitutto, le mafie si procurano denaro tramite attività criminali (fatto universalmente conosciuto), che poi reinvestono in altri settori dell’economia, per riuscire così ad ottenere quel controllo che, restando alla nostra semplificazione, è il loro secondo obbiettivo.
Esponiamo il caso della vendita illegale di droga, forse uno dei “mercati” malavitosi più famosi. La cocaina, comprata in Sud-America a 30 dollari al chilogrammo, si rivende in Europa al dettaglio (cioè al cliente che ne fa uso), a 50.000-80.000 euro al chilogrammo. Perché l’enorme ricavo di tali vendite sia utilizzabile, i soldi devono essere “ripuliti”: devono risultare provenienti da una fonte legale. Questo denaro, poi, è completamente contante.
Le mafie, come si sarà intuito dal volume dei traffici e dalla provenienza della “merce”, agiscono a livello internazionale: non si limitano ad un'unica zona, al contrario del nostro più diffuso folclore che le vorrebbe confinate al Mezzogiorno. Tale ampio raggio d’azione permette loro di investire i contanti ricavati dal “commercio” in quegli Stati, come Paesi Bassi e Austria, che consentono l’utilizzo di grandi volumi di cash. Con questi si aprono imprese che comprano prodotti da aziende italiane in mano a mafiosi, facendo sì che i soldi tornino in patria. Spesso questo procedimento non è così diretto, ma avviene attraverso molti intermediari e non sempre implica un effettivo traffico di prodotti, ma solo uno scambio dichiarato: si capisce che la produzione di beni ha un suo costo e poterla evitare permette alla gestione mafiosa di risparmiare.
Tale movimento di denaro, detto riciclaggio, fa quindi sì che la mafia usufruisca di grandissimi volumi di soldi “puliti”. Vi è poi, attorno a questo, tutta una complessissima rete di altri “servizi” controllati dalla criminalità organizzata, come, per fare solo un esempio, il trasporto degli stupefacenti.
Nell’economia la presenza di suddetti traffici e di aziende ad essi associate è devastante: il professor Parbonetti ha più volte sottolineato, infatti, come non conosca altri fenomeni che permettano una ripresa economica di una zona come la confisca di un’attività legata alla malavita. Un’impresa del genere, ad esempio, a parità di servizi offerti al cliente, risulta molto più competitiva di una “onesta”, poiché si può permettere di offrire prezzi molto inferiori, grazie ai finanziamenti illegali.
Dal momento che le mafie agiscono in ogni settore dell’economia, dovunque circolino grandi capitali, è evidente quale danno esse provochino alla società.
Chiediamoci ora cosa possano fare le organizzazioni criminali con tanti soldi (e ci ricolleghiamo all’ambito della “potenza”). Oltre a reinvestire semplicemente per acquisire nuove attività, legali o illegali, avere potere economico permette ai mafiosi di intervenire massicciamente nella vita pubblica della comunità. Di frequente, in cambio di favori, possono infatti offrire finanziamenti o intervenire negli appalti pubblici o ancora sovvenzionare campagne elettorali. È chiaro però che in questo modo delle istituzioni, che dovrebbero risultare rappresentative, di fatto finiscono per soddisfare gli interessi del mafioso e i servizi alla comunità finiscono per dipendere dalla convenienza delle associazioni delinquenti. La libertà e il principio di rappresentanza all’interno dell’istituto democratico, quindi, vengono concretamente circoscritti.
Non si tratta, tuttavia, dell’unico attacco delle mafie alla cittadinanza. Pare infatti scontato chiedersi come una simile organizzazione possa esistere e diffondersi nella società. La risposta che ci si aspetterebbe è che la mafia fa uso dell’intimidazione. Se però la paura può essere un metodo efficace nelle regioni d’origine, non si applica invece nelle zone più economicamente sviluppate del nord dove la presenza malavitosa è altissima. È infatti la convenienza e la convinzione di arricchirsi che fa avvicinare le persone alla mafia. L’omertà, fattore che notoriamente si accompagna alla malavita, non consiste solo di indifferenza per paura, ma anche e soprattutto di tacita approvazione.
Una società che accetta e sostiene una mentalità criminale pur di avere un guadagno molto difficilmente può liberarsi dalla malavita o dar vita a istituzioni liberali funzionanti; la democrazia infatti prevede un forte senso civico, la coscienza di appartenere a una comunità e la ricerca di una buona convivenza e del tornaconto migliore per tutti, aspetti che la mafia di sicuro non contempla. Si aggiunga poi che l’apparato mafioso non può tollerare la discussione e l’esistenza di idee diverse, ma permette un'unica volontà, che si impone con la forza e elimina chi non si allinea.
Ecco allora una morale che, per quanto banale e semplice, è una delle sfide più impegnative dell’epoca contemporanea, come ci dimostra tanta nostra storia. Con la malavita non c’è la democrazia, ma per eliminare la malavita serve, come nella maggior parte delle cose, una scelta sia personale che collettiva: non accettare la mentalità criminale e egoistica, in qualsiasi forma essa compaia.
Riccardo Dalla Mana