Classici di classe

Perché dovrei leggerne uno? Alcune considerazioni tra Italo Calvino e Umberto Eco

Banner Classici di Classe: Libri e Letteratura
  • Un classico? Boh, una cosa come La Divina Commedia o La coscienza di Zeno. Insomma, qualcosa di simile.
  • Allora, secondo me è un libro che tutti conoscono anche se non l’hanno mai letto prima, un libro di fama internazionale.
  • Un classico è un bestseller scritto prima del 1914.
  • Libri tradizionali come L’Orlando furioso, Orgoglio e pregiudizio, Piccole donne, I promessi sposi
  • Per me è un titolo che alcuni libri ottengono perché alla gente piace dare titoli alle robe…
  • Un libro antico che conoscono quasi tutti, tipo Biancaneve.
  • Secondo me è un libro molto letto.
  • Libri famosi e più vecchi… non so bene come spiegarlo…
  • In breve penso sia un libro famoso che di per sé ha ancora la capacità di far sognare i lettori di ogni tempo.

Queste sono alcune risposte date da alcuni adolescenti alla domanda che io ho posto loro: «Che cos’è un classico?»

Quante volte ci hanno chiesto che cosa leggiamo per poi aggiungere se abbiamo mai letto quello o quell’altro libro? E alla nostra risposta negativa, ci siamo sentiti dire: «Ma è un classico! Devi leggerlo!». Ma cosa sono davvero questi classici?

In Perché leggere i classici (1981) Italo Calvino scrive:

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire».

L’autore del Sentiero dei ragni (1947; 1964) intende i classici come quei testi che durano nel tempo, quelli che hanno lasciato un segno nella Storia, quelli che hanno cambiato i lettori. Sono quelle storie che ci vengono raccontate quando si è piccoli e che ci si porta dietro per tutta la vita.

Sempre Calvino scrive: «I classici sono i libri che ci giungono portando le tracce delle letture precedenti alla nostra, e portando sulla loro scia le tracce che essi stessi hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato».

E Umberto Eco, autore del Nome della rosa, afferma ne La bustina di Minerva (2000):

«Un classico non solo ci dice come si pensava in un tempo lontano, ma ci fa scoprire perché oggi pensiamo ancora in quel modo. Leggere un classico è come psicanalizzare la nostra cultura attuale».

A tal proposito si prenda in considerazione ad esempio Tacito che negli Annales ritrae Nerone come un folle, condizionando così il giudizio degli storici, oppure si pensi alle raccolte che tramandano tradizioni e modi di dire, che utilizziamo ancora oggi, magari caratteristici di una certa area geografica e connessi con particolari eventi e usanze.

Umberto Eco continua: «L'altra bella sorpresa che spesso i classici ci riservano è di accorgerci che erano più moderni di noi». La magia di questi capolavori letterari, cioè, risiede nella loro capacità di raccontare il presente, il passato, ma anche il futuro, in base alla mentalità dell’epoca in cui sono scritti, risiede nell’esplorare nuovi orizzonti nascosti nella mente umana, risiede nel diffondere nel cuore un sentimento di scoperta e riscoperta di se stessi e di ciò che ci circonda.

Ad esempio, all’interno dei romanzi di Jules Verne, come 20.000 leghe sotto i mari, troviamo costruzioni di sottomarini e l’utilizzo dell’energia elettrica per creare fucili per le esplorazioni subacquee: a quel tempo era solo fantascienza, ma ora, purtroppo, è realtà.

Tornando a Italo Calvino: «I classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando s'impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale». I classici cioè lasciano il segno: anche se non ce ne si accorge subito, i classici rimangono sempre nei lettori come scintilla e come un punto di riferimento interiore.

Umberto Eco inoltre afferma:

«Un classico è un autore che, specie in periodi in cui si copiava a mano, ha indotto molti a ricopiarlo, e lungo i secoli ha sconfitto l'inerzia del tempo e le sirene dell'oblio».

Insomma, i classici sono dei libri selezionati nel tempo dalla società perché riconosciuti come faro per ogni lettore e scrittore. Spesso la selezione non è stata equa perché molti non potevano permettersi, sebbene geniali, di pubblicare; ad esempio Boris Pasternak riuscì a pubblicare il Dottor Zivago solo in Europa.

Al contrario, molti scrittori che non valevano la carta della pergamena su cui scrivevano sono passati alla Storia perché esprimevano ideologie conformi all’epoca in cui stavano vivendo. Anche molti romanzi scritti da donne furono dimenticati e poi riscoperti con grande successo, ad esempio, Astrid Lindgren, autrice di Pippi Calzelunghe, fu riscoperta più tardi rispetto alla prima pubblicazione del libro nel 1958. Non mancano casi di libri preziosi e grandi autori scartati, perché contro i pensieri politici e la morale dell’epoca, si pensi ad esempio ai libri bruciati dai nazifascisti agli inizi del XX secolo o messi all’Indice dall’Inquisizione o nascosti dalla Chiesa nei secoli precedenti all’Illuminismo.

Dunque, secondo me i classici sono quei libri che sopravvivono al tempo e all’uomo e rimangono nelle ossa di chi li scrive, di chi li legge e di chi li ascolta.

F.P. - 2AC

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